Le fragole contengono molecole anti-tumorali
Le fragole contengono delle molecole in grado di bloccare l’avanzamento del tumore della mammella. Questo è il risultato di uno studio italiano scaturito da test condotti in laboratorio dai ricercatori dell’Università Politecnica delle Marche in collaborazione con l’Università europea dell’Atlantico a Santander, in Spagna.
L’esito della ricerca è stato pubblicato sulla rivista Scientific Reports, ed evidenzia che con un estratto della qualità Alba delle fragola si può bloccare la diffusione del tumore.
Le parole di uno degli autori, Maurizio Battino, spiegano bene il risultato ottenuto:
“Abbiamo mostrato per la prima volta che l’estratto di fragole, ricco di composti fenolici, inibisce la proliferazione delle cellule del tumore al seno in modelli in vitro e in vivo”
Il test prevedeva il trattamento di cellule tumorali in vitro, al fine di verificare l’effetto della fragola su cellule di tumore al seno. Per gli esperimenti sono state utilizzate cellule tumorali altamente aggressive e invasive, trattate con l’estratto di fragole Alba, per 24, 48 e 72 ore. Ebbene, il ciclo che porta alla divisione delle cellule malate è risultato bloccato.
Nella seconda fase dell’esperimento, dallo studio in vitro si è passati poi a quello ‘in vivo’, utilizzando cioè cavie di topi femmine divisi in due gruppi: a uno è stata somministrata una dieta basata per il 15% di estratto di fragole. Dopo un mese di trattamento a tutti i topi in oggetto sono state iniettate cellule tumorali e il tumore è risultato ridotto; non solo, è stato inoltre constatato che si è bloccata la sua diffusione a tessuti sani vicini negli animali che avevano consumato l’estratto di fragola. Cosa significa questo? Per i ricercatori una dieta che preveda un consumo di fragole potrebbe rappresentare una possibile strategia di prevenzione. C’è però ancora da fare:
“I nostri risultati sono senza dubbio utili a capire gli effetti potenziali delle fragole sul tumore del seno e i meccanismi molecolari coinvolti, ma devono essere approfonditi con studi clinici ed epidemiologici per verificare se anche negli umani è possibile ottenere gli stessi effetti riscontrati nei topi”